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Medicina prenatale: nuove tecniche di diagnosi

 18 luglio 2018
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 Categoria: Salute
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 Scritto da: admin
medicina prenatale

La medicina prenatale si è sviluppata agli inizi degli anni settanta con lo sviluppo di apparecchiature per osservare il feto nel grembo materno, come l'ecografia e la possibilità di prelevare campioni biologici del feto stesso senza recarvi danno mediante l'amniocentesi.


Questa consiste nell'aspirazione di liquido amniotico (il liquido nel quale il feto galleggia) intorno alla sedicesima settimana di gravidanza per l'analisi cromosomica, con la quale scoprire l'eventuale presenza della sindrome di Down o di altre anomalie come le malattie metaboliche.


Nel liquido amniotico sono presenti infatti le cellule della cute, e delle mucose dell'apparato renale del feto. Il rischio di aborto, legato al fatto che la tecnica prevede comunque l'introduzione di un ago nel ventre materno, è di circa uno-due casi su 200.


Un altro metodo di diagnosi prenatale si basa sul cosiddetto prelievo dei villi coriali, le cellule che rivestono la parte interna dell'utero. Questa tecnica consente di effettuare la diagnosi prenatale nel primo trimestre di gravidanza, tra la decima e l'undicesima settimana.


Serve a compiere l'analisi del Dna nei casi di gravidanza a rischio in cui si sospettano particolari malattie genetiche. La possibilità di aborto è all’incirca di due-tre casi su 100 (appena al di sopra della soglia di un eventuale aborto spontaneo dello stesso periodo).


Un terzo tipo di diagnosi prenatale, detto cordocentesi, consiste nel prelievo di sangue dal feto, attorno alla diciottesima settimana di gravidanza, inserendo un ago nel cordone ombelicale nel punto in cui questo si inserisce nella placenta (il punto del cordone più lontano dal bambino).


Ha applicazioni limitate, anche se il sangue ottenuto è teoricamente idoneo a tutti i tipi di diagnosi. L'impiego attuale di questo metodo riguarda lo studio dei cromosomi del feto, in tutti i casi in cui sia richiesta una diagnosi rapida, per esempio quando i medici ritengono utile confermare un risultato ambiguo dell'amniocentesi. Il rischio del prelievo è di due casi su 100.


La fetoscopia, infine, consiste nella visualizzazione diretta del feto e l'eventuale prelievo di tessuti, utilizzando un endoscopio introdotto nel canale vaginale, dopo la diciottesima settimana di gravidanza.


Oggi trova applicazione in rari casi nei quali è necessario prelevare tessuti fetali, come la cute, il fegato, per lo studio di alcune rarissime malattie congenite. Il rischio di aborto legato all'analisi è circa di tre-cinque casi su 100.


Tutti questi metodi sono comunque invasivi e pertanto comportano alcuni rischi. Attualmente si stanno sperimentando nuove tecniche, con le quali si preleva soltanto il sangue materno, in modo da non toccare neppure indirettamente il feto nel grembo della madre.



Nuove tecniche di diagnosi prenatale


Per invadere sempre meno l'ambiente in cui vive il feto e ridurre anche il disagio per la madre, in tutto il mondo sono allo studio o già sviluppate nuove tecniche di diagnosi prenatale basate essenzialmente sul prelievo del sangue materno.


Nel sangue della madre, infatti, sono presenti, anche se in quantità ridottissima, alcune cellule del feto. È necessario comunque sottolineare che alcuni di questi test non sono diagnostici nel senso che forniscono una evidenza diretta della malattia, ma semplicemente definiscono una probabilità che il bambino ne sia affetto.


È questo il caso del tri-test (triplo test), che attraverso l'esame del sangue materno valuta la probabilità che il bambino sia colpito dalla sindrome di Down.


Diverso è invece il discorso per la diagnosi molecolare basata sul recupero di cellule fetali nel sangue materno. Anche se con queste tecniche sono stati ottenuti alcuni successi diagnostici, non si può per ora pensare a un loro impiego su larga scala, a causa della difficoltà di recuperare cellule fetali in quantità adeguate e con elevato grado di purezza.


Alcuni ricercatori hanno messo a punto un metodo basato su una serie di passaggi selettivi di purificazione, in grado di ottenere da 10 a 20 cellule fetali su un campione di sangue prelevato alla madre in gravidanza e contenente circa io milioni di cellule materne.


Con questa tecnica hanno dimostrato con successo la possibilità di tenere sotto controllo gravidanze a rischio per la talassemia e l'anemia a cellule falciformi. In fase avanzata di sperimentazione è infine un tipo di diagnosi, utilizzata in coppie a elevato rischio di malattie genetiche, da eseguire però soltanto ricorrendo alla fecondazione artificiale, per poter esaminare il pre-embrione ai primissimi stadi del suo sviluppo.


Dopo il concepimento in provetta, quando il pre-embrione ha raggiunto lo stadio di 8-10 cellule viene prelevata una singola cellula (blastomero), che viene analizzata per la ricerca di mutazioni in specifici geni.


Questa tecnica è stata applicata con successo nei confronti di malattie genetiche quali fibrosi cistica, distrofia muscolare di Duchenne, distrofia miotonica, emofilia, atrofia muscolare spinale, talassemia, sindrome di Martin-Beli (ritardo mentale legato al sesso) e malattia di TaySachs.


Nonostante il perfezionamento di tale metodo, restano aperti problemi etici e tecnici, come quelli relativi alla difficoltà di analizzare singole cellule, alla possibilità di errore e al basso successo dell'avvio di una gravidanza dopo questo tipo di concepimento in proveta.


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